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Credere nel processo delle COP, perché non c’è alternativa, ma va migliorato per tutelarlo

Per InterVento, abbiamo fatto una chiacchierata a tre sulla COP28, con la coordinatrice della sezione Clima & Advocacy di Italian Climate Network (ICN), Marirosa Iannelli, e Ferdinando Cotugno, giornalista di Domani e scrittore. Sui risultati di Dubai e su quello che dobbiamo aspettarci dal processo della COP, la Conferenza delle Parti dell’ONU sul clima

La Conferenza delle Parti dell’ONU sul cambiamento climatico tenutasi a Dubai si è chiusa con un risultato molto importante e storico: quello dell’allontanamento dai combustibili fossili, con accelerazione delle azioni necessarie entro questa decade. In estrema sintesi. Anche se per molti commentatori non è stato così. Abbiamo parlato di questo, delle aspettative sulla COP e di quello che potrà e dovrà essere.

Luci e ombre

Dopo Parigi, per la rappresentante ICN, le COP hanno assunto un rilievo sempre maggiore. Quella di Dubai “è stata piena di colpi di scena“, oltre che di luci e ombre. Iannelli ribadisce la posizione di Italian Climate Network “che si allontana dalla dicotomia successo/fallimento“. Risultato chiave è stato “il transitioning away da tutti i combustibili fossili, non solo il carbone, cosa non scontata, visto che due anni fa a Glasgow alla fine si parlava solo di quello.” Ed è successo “negli Emirati Arabi alla presenza e il consenso di molti Paesi controversi, sotto il punto di vista delle fonti fossili e del petrolio. Quindi un risultato assolutamente non scontato“. Certamente, sottolinea la coordinatrice, bisognerà verificare gli impegni alla luce dei risultati. “Altro risultato -prosegue Marirosa Iannelli- è quello di un vero e proprio fondo istituito per le perdite e i danni, il fondo Loss and Damage, tanto voluto dai Paesi del Global South.” A proposito dei fondi che dovranno finanziare il Loss & Damage, evidenzia come “ancora tutto è da decidere: l’erogazione, le modalità di prestito, quali sono le agevolazioni, a chi, in che tempi“. Quanto alla finanza climatica, “tutto è stato rinviato alla prossima COP“. In merito al primo Global Stocktake, “siamo molto lontani dalle necessità per mantenere l’aumento delle temperature sotto i 2° o 1,5°C. Se non altro il testo nella versione finale “ha mantenuto il richiamo ai rapporti dell’IPCC e il riferimento a 1,5°“.

Cambiare il processo per restituirgli credibilità

Ferdinando Cotugno, che torna sulle pagine di Via col Vento, nota come al di là della bolla degli esperti, di chi ne segue il processo, “c’è un disfattismo totale alla COP; tutti amano parlarne male, a prescindere. Questo è un problema perché non c’è alternativa alla COP, non c’è uno spazio politico alternativo a questo; si toglierebbe qualsiasi spazio di coordinamento alle politiche climatiche.” In questo momento storico, afferma il giornalista, “spetta all’ONU, all’UNFCCC, alle COP l’onere di dimostrare di avere ancora una rilevanza. Il caso di COP29 a Baku, in Azerbaijan, dimostra che tanti parametri del processo vanno riformati, tanti meccanismi.” Tra cui, sottolinea Cotugno, “anche l’inclusività, che spesso viene strumentalizzata contro se stessa. Ecco, quindi, la terza COP di fila in un Paese fossile, peraltro l’Azerbaijan è ancora più dipendente dalle fonti fossili addirittura degli Emirati Arabi. Ho l’impressione che a Baku rimpiangeremo Dubai.” Sul presidente di COP29, Mukhtar Babayev, il giornalista di Domani ricorda che “è stato per 26 anni dipendente di Socar, l’oil and gas statale. Non tutte le compagnie oil and gas sono uguali e Socar” è tra le peggiori, “93^ su 99 di quelle più pronte alla transizione“. Il comitato organizzatore, sottolinea ancora Cotugno, è fatto solo da uomini e questo ci porta a “una riflessione più generale: cosa dobbiamo cambiare di questo processo per restituirgli credibilità? Cosa va cambiato anche nei meccanismi di assegnazione?“. Tornando alla finanza climatica, il giornalista evidenzia come “una transizione senza una finanza a supporto è non auspicabile quanto una non transizione. Il Global South questo messaggio lo ha mandato chiaro. Quando parliamo di triplicare le rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica, con quali risorse le facciamo? La finanza deve diventare il tema fondamentale: non solo cosa dobbiamo fare, il transitioning away, ma come lo possiamo fare e come mettiamo i Paesi in condizione di farlo.” Come tutti coloro che ne seguono il processo della conferenza delle parti, Cotugno afferma di crederci molto, “ma proprio per questo, credo sia giunto il momento di una riforma. E’ stato pensato negli anni ’90, ma non sono più quegli anni“.

La cultura delle COP

Per Marirosa Iannelli “serve una cultura delle COP, perché solo conoscendo a fondo i meccanismi negoziali, studiando e frequentandole, si possono portare come osservatori, come membri della società civile, delle istanze anche di modifica del processo.” La componente del Consiglio Direttivo ICN afferma che “c’è molto attivismo esterno, che si porta dietro però il disfattismo sulla COP, ma un troppo debole attivismo all’interno di COP“, riferendosi alle cosiddette Constituencies della COP, le organizzazioni strutturate della società civile (dei giovani, dei diritti, di genere, dei lavoratori). Tra le innovazioni che Iannelli apporterebbe, “maggiore inclusività, migliorare il meccanismo del consenso su alcuni punti, anche in relazione a quanto la scienza del clima ci dice sui tempi per agire. Inoltre, sulla finanza, va rispettato il principio della responsabilità condivisa ma differenziata: servirebbe l’accesso diretto ai fondi, più che prestiti con interessi“.

L’attivismo deve smettere di combattere battaglie già vinte

Sulla comunicazione, Cotugno ritiene che “l’attivismo deve smettere di combattere battaglie già vinte. Se negli anni passati 2018-19-20 il messaggio era “aprite gli occhi sulla crisi climatica”, oggi il compito è proteggere le ragioni della transizione. Che è anche il compito fondamentale a ogni livello e lo vedremo bene con le elezioni europee“. Il giornalista, in conclusione, sottolinea che bisogna affrontare le difficoltà e i nodi della transizione e “questo vuol dire portare la battaglia ormai ben fuori dai confini ambientali: è una battaglia politica ad ampio spettro che riguarda tutto il patto sociale che regge le nostre società”.
L’altra faccia della medaglia della finanza sul livello internazionale, per lo scrittore, è quella del reddito: “la transizione senza reddito è tossica pericolosa quanto la non transizione. Serve un discorso ampio, sul reddito e sulle protezioni. Una giusta transizione che diventi pratica politica reale. Servono nuovi contenuti politici“.

Italian Climate Network e il Loss and Damage

Marirosa Iannelli ricorda come quella sul Loss and Damage è stata un po’ una scommessa di ICN, visto che nel panorama nazionale non ne aveva parlato alcun soggetto, prima della campagna lanciata dall’associazione nello scorso autunno (Sotto i nostri occhi). Quest’anno, afferma, sarà proseguita “questa azione fino alla COP29, per sensibilizzare maggiormente la società civile su questo tema, quello di Perdite e Danni, che è la terza gamba” dell’Accordo di Parigi, “dopo mitigazione e adattamento“.

Buona visione e buon ascolto, con l’intervista integrale.

Via col Vento

di energie rinnovabili, politiche climatiche e notizie