Lo scioglimento causato dal riscaldamento globale sta deteriorando rapidamente il segnale climatico contenuto nei ghiacciai delle isole Svalbard
In tutto il mondo i ghiacciai si stanno ritirando a una velocità senza precedenti e questo sta comportando la perdita delle informazioni riguardanti la storia del clima e dell’ambiente in essi contenute.
A perdere la memoria sono anche i ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard, nel Circolo polare artico: lo dimostra per la prima volta uno studio internazionale pubblicato sulla rivista The Cryosphere, guidato da ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dell’Università Ca’ Foscari Venezia.
“Dobbiamo pensare agli strati di ghiaccio come a pagine di un manoscritto antico che gli scienziati sono in grado di interpretare. Anche se le evidenze del riscaldamento atmosferico sono ancora conservate nel ghiaccio, il segnale climatico stagionale è andato perduto”, spiega Andrea Spolaor, ricercatore del Cnr-Isp. “I ghiacciai a queste quote – con l’attuale tasso di riscaldamento e l’aumento della fusione in estate – rischiano di perdere le informazioni climatiche registrate al loro interno, compromettendo la ricostruzione del cambiamento climatico affrontato dalla Terra nel corso del tempo”.

La ricerca alle Svalbard
Dal 2012 al 2019, il team di ricerca ha studiato l’evoluzione del ghiacciaio dell’Holtedahlfonna, uno dei più elevati dell’arcipelago delle Svalbard, scoprendo che il segnale climatico, visibile nel 2012, era completamente scomparso nel 2019. “L’arcipelago delle Svalbard è particolarmente sensibile ai cambiamenti del clima, a causa dell’altitudine relativamente bassa delle sue principali calotte glaciali”, spiega Carlo Barbante, direttore del Cnr-Isp e professore all’Università Ca’ Foscari.
“Inoltre, la posizione geografica enfatizza il fenomeno dell‘amplificazione artica, ossia l’aumento delle temperature più rapido rispetto alla media globale, causato da processi come la riduzione del ghiaccio marino e dell’albedo, che è la capacità di rifrazione dei raggi solari. Quest’ultima, tipica delle superfici chiare, contribuisce a mantenere le temperature più basse”.
Proprio per mettere in salvo questi archivi, nel 2023 i ricercatori impegnati nei progetti Ice Memory e Sentinel hanno portato a termine una complessa campagna di perforazione del ghiacciaio dell’Holthedalfonna, riuscendo ad estrarre tre carote di ghiaccio profonde. La speranza della comunità scientifica è che questi campioni contengano ancora informazioni climatiche rappresentative della regione.
“I risultati di questa ricerca, evidenziando la minaccia che gli effetti del cambiamento climatico rappresentano, sottolineano la necessità di preservare gli archivi glaciali e le relative informazioni climatiche, ora a rischio a causa del riscaldamento globale”, conclude Jacopo Gabrieli, ricercatore del Cnr-Isp.
Lo studio

L’arcipelago delle Svalbard è particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici a causa dell’altitudine relativamente bassa dei suoi principali campi di ghiaccio e della sua posizione geografica nell’Atlantico settentrionale superiore, dove l’effetto dell’amplificazione artica è più significativo. I maggiori aumenti di temperatura sono stati osservati durante l’inverno, ma l’aumento delle temperature estive, superiori al punto di fusione, ha portato a una maggiore fusione dei ghiacciai.
Lo studio valuta l’impatto di questa maggiore fusione sulla conservazione del segnale isotopico dell’ossigeno (δ18O) nei record di firn, ovvero la massa nevosa che riempie il bacino d’alimentazione dei ghiacciai. Il δ18O è comunemente utilizzato come proxy per la ricostruzione della temperatura atmosferica del passato e, quando conservato, è un parametro cruciale per datare e allineare le carote di ghiaccio. Confrontando quattro diverse carote di firn raccolte nel 2012, 2015, 2017 e 2019 nella parte superiore del campo di ghiaccio di Holtedahlfonna (1100 m s.l.m.), gli scienziati mostrano un progressivo deterioramento del segnale isotopico e collegano la sua degradazione all’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi di fusione.
I risultati indicano che, a partire dal 2015, si è verificata un’escalation di fusione e percolazione dovuta a cambiamenti nelle condizioni atmosferiche generali. Questo ha portato al deterioramento del segnale climatico conservato all’interno del firn o del ghiaccio. Le osservazioni corrispondono ai calcoli del modello, dimostrando un aumento della percolazione dell’acqua dal 2014, potenzialmente in grado di raggiungere gli strati più profondi del firn.
Sebbene il segnale δ18O rifletta ancora la tendenza interannuale della temperatura, in futuro eventi di fusione più frequenti potrebbero influenzare l’interpretazione del segnale isotopico, compromettendo l’uso delle carote di ghiaccio delle Svalbard.
I risultati dello studio evidenziano l’impatto e la velocità con cui l’amplificazione artica sta influenzando la criosfera delle Svalbard.
Fonti: Osservatorio Artico. The Cryosphere : Spolaor, A., Scoto, F., Larose, C., Barbaro, E., Burgay, F., Bjorkman, M. P., Cappelletti, D., Dallo, F., de Blasi, F., Divine, D., Dreossi, G., Gabrieli, J., Isaksson, E., Kohler, J., Martma, T., Schmidt, L. S., Schuler, T. V., Stenni, B., Turetta, C., Luks, B., Casado, M., and Gallet, J.-C.: Climate change is rapidly deteriorating the climatic signal in Svalbard glaciers, The Cryosphere, 18, 307–320, https://doi.org/10.5194/tc-18-307-2024
Foto: Federico Scoto, CNR-ISP. Vista del sito di campionamento dall’interno della trincea scavata per prelevare i campioni presso il ghiacciaio dell’Holtedahlfonna – isole Svalbard.
Immagine cartina: Posizione del sito di perforazione (stella rossa) all’interno del campo di ghiaccio di Holtedahlfonna (HDF) rispetto al villaggio di ricerca di Ny-Ålesund (NyA). Mappe da https://toposvalbard.npolar.no (ultimo accesso: 5 giugno 2023).






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