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Giacomin: estremizzazione climatica preoccupa, ma transizione è già in atto

Per InterVento, abbiamo intervistato Serena Giacomin, fisica dell’atmosfera, climatologa e meteorologa certificata WMO. Con la Direttrice scientifica di Italian Climate Network abbiamo parlato di meteorologia e clima, negazionismo e risposte della scienza, comunicazione sul cambiamento climatico

Per iniziare, abbiamo chiarito la differenza tra meteorologia e climatologia. “Sono due materie – ha sottolineato la dottoressa Giacomin – che spesso vengono confuse; hanno molti punti in comune, basate sulla fisica dell’atmosfera, che analizzano le interazioni dell’atmosfera con tutti i sistemi del nostro pianeta. Ma i metodi di analisi e soprattutto gli obiettivi sono differenti. La meteorologia è quella che usiamo di più ed è quella che ci restituisce come informazione primaria le previsioni del tempo” che, afferma la meteorologa, illustra delle “brevi fluttuazioni all’interno di una tendenza climatica. La climatologia studia l’atmosfera, analizzandone le caratteristiche in un determinato territorio e in un particolare periodo dell’anno.” Essa ha una natura “non deterministica ma molto più statistica” per cui “abbiamo bisogno di 30 anni di dati“. “Una singola situazione meteorologica, aggiunge Giacomin, “non può indicare una tendenza climatica“.

Punti di forza e debolezza di meteorologia e climatologia alla luce degli ultimi incrementali cambiamenti climatici

Negli ultimi decenni, la meteorologia ha fatto passi da gigante” afferma la dottoressa, anche a causa “dell’evoluzione tecnologica: l’introduzione dei satelliti, l’aumento della potenza di calcolo e modelli sempre più affidabili hanno fatto sì che le previsioni meteorologiche riescano a dare dei risultati fino a qualche decennio fa del tutto insperati“. La climatologa poi ci spiega con un esempio concreto come la percezione che spesso le previsioni “non ci azzecchino” dipenda dalla comunicazione di quel certo dato, e non dalla fallacia dei dati in sé. Quindi, aggiunge, tra i pro e i contro della materia “c’è un pro dell’evoluzione tecnologica che ci hanno permesso di fare passi da gigante e un contro è la bassa capacità di comunicazione corretta di questi dati che possono essere utili a tutti e forse anche la scarsa capacità di ascolto e di lettura dell’utente, che dovrebbe avere maggiori strumenti di interpretazione di questo tipo di informazioni“.

Riguardo la climatologia, la Direttrice scientifica di Italian Climate Network specifica che “non si parla di previsioni, ma di scenari“. E aggiunge che anche in questo caso sono stati fatti passi enormi “che ci permettono di definire in maniera inequivocabile la correlazione tra le emissioni di gas serra e l’aumento della temperatura atmosferica terrestre“, in base a decine di miglia di studi scientifici, rivista dalla relativa comunità, in base ai dati, che comprende il 95% della stessa.

Cambiamento climatico e modelli

L’aumento delle emissioni di gas climalteranti in atmosfera, sottolinea Serena Giacomin, “è la forzante che dà vita a tanti cambiamenti climatici, tanti e diversi: fusione dei ghiacci, innalzamento dei mari o anche la perdita di biodiversità. Quello che preoccupa di più è l’estremizzazione dei fenomeni climatici“. Rimanendo ancorati ai dati, quello che preoccupa di più è l’intensità dei fenomeni e la loro accelerazione. Gli aspetti sono tanti, aggiunge, “dagli uragani all’impatto delle piogge estreme, alla possibile interruzione entro fine secolo della circolazione termoalina, che è un fenomeno che potrebbe riguardare i nostri figli e nipoti con enormi difficoltà per il loro futuro.”

Negazionismo, risposte della scienza e comunicazione

Sui tanti dati della scienza internazionale, la fisica dell’atmosfera pone l’accento “su come consegnare questi i dati, sulla maniera più efficace di consegnarli, su come migliorare il rapporto con chi si occupa di comunicazione e con i decisori politici. Servono dei ponti e ciascun attore deve trovare i propri canali di comunicazione più adatti per trasformare i dati che ci consegna la scienza per aumentare la sicurezza di tutti“.

Un punto importante che sottolinea Giacomin è che la scienza ha bisogno “di un comunicatore professionista e di un politico attento che ascolti quello che la scienza ha da dire.” La Direttrice aggiunge che “la migliore comunicazione è fatta quando si è in fase di ascolto. L’obiettivo della comunicazione (o della divulgazione) è quello di innescare un cambiamento, ovvero un’azione propositiva e una reazione evolutiva: c’è un problema, abbiamo dei dati e delle tecnologie; come facciamo che alla fine ci sia un desiderio di cambiamento?” Molto importante, per la climatologa è anche capire chi si ha di fronte e le necessità che ha l’interlocutore o l’ascoltatore di tematiche così complesse.

La vera domanda

Come è meglio comunicare il cambiamento climatico, in ottica di miglioramento propositivo? Quali leve si possono usare? Qui Giacomin fa l’esempio “della regola dell’1 a 3: non fingo che non ci sia qualcosa di drammatico, una crisi, ma vi faccio anche tre esempi di quanto di positivo stia accadendo, tre soluzioni che ci spingono al cambiamento. Perché è possibile fare qualcosa, perché qualcuno l’ha fatto, e ha funzionato.” Pertanto, “la faccia positiva della transizione deve essere mostrata, chiaramente e con soddisfazione, deve essere qualcosa di desiderabile”. Il negazionismo vizia la narrazione, allontanando l’opinione pubblica dai benefici e dai vantaggi della transizione. La domanda vera, conclude la climatologa è “ma voi, la transizione ecologica, siete capaci di farla?”

Qui l’intervista integrale:

Via col Vento

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