Una nuova ricerca contesta la retorica climatica dell’industria dei combustibili fossili, scoprendo che gli investimenti dei maggiori produttori nelle energie rinnovabili sono, nella migliore delle ipotesi, marginali.
L’autoproclamazione dell’industria dei combustibili fossili come forza trainante nella transizione energetica è messa in discussione da una nuova ricerca, che ritiene che il suo impegno verso le energie rinnovabili sia “marginale nella migliore delle ipotesi“.
Lo studio dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali (ICTA-UAB) dell’Università Autonoma di Barcellona ha esaminato gli impianti di produzione dei 250 maggiori produttori di idrocarburi, che rappresentano l’88% della produzione mondiale, utilizzando le informazioni del think tank Global Energy Monitor (GEM).
Affermazioni verdi, realtà fossili
Secondo lo studio, solo una su cinque di queste aziende detiene attualmente un portafoglio di energie rinnovabili, ovvero un ramo d’azienda con progetti solari, eolici, idroelettrici o geotermici. Rispetto ai ricavi derivanti dall’estrazione di energia primaria, solo lo 0,1% è destinato a investimenti in energie rinnovabili. Persino importanti attori europei come Shell, TotalEnergies e BP dedicano solo una piccola parte della loro produzione – tra lo 0,39% e l’1,6% – alle energie rinnovabili.
Secondo i ricercatori dell’Università di Losanna, ciò dimostra l’incessante attenzione delle industrie degli idrocarburi agli investimenti in petrolio e gas, che a sua volta smaschera gli impegni aziendali per il clima come un atto di greenwashing. Riassumendo i loro risultati, i ricercatori barcellonesi affermano che il settore dei combustibili fossili non può più essere considerato dalle istituzioni pubbliche un contributo affidabile alle soluzioni climatiche.
Il caso italiano di Plenitude
D’altra parte, Via col Vento esamina il bilancio di Eni Plenitude da tre anni e questo studio è perfettamente in linea con le nostre analisi, confermandole anzi a livello globale.
Il bilancio consuntivo 2024, il terzo, ha certificato che: neanche il 4% dei ricavi dell’impresa riviene dalle energie rinnovabili, sono fermi a poco oltre lo 0% quelli da mobilità elettrica e soli 4 GW di capacità rinnovabile installata con produzione per oltre il 69% all’estero e meno del 31% in Italia. In compenso i ricavi da gas sono cresciuti al 48%.
Ricerca originale
Lo studio sulla quota marginale di energia rinnovabile globale dell’industria petrolifera e del gas è stato pubblicato sulla rivista Nature Sustainability.
Grafico: Nature Sustainability – Fig.1 dello studio di Marcel Llavero-Pasquina e Antonio Bontempi. Quota della capacità globale di energia rinnovabile detenuta dalle 250 maggiori società petrolifere e del gas. Le percentuali indicano la quota globale di capacità rinnovabile adeguata alla proprietà delle 250 maggiori società petrolifere e del gas (in nero) e delle loro acquisizioni (in grigio) rispetto ai dati IRENA, compresa l’energia distribuita, e rispetto ai dati GEM, comprese le categorie di centrali elettriche potenziali. Sotto ogni grafico a torta è indicata la capacità installata globale.






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